2 dicembre 2015 1° Comunicato stampa
Legambiente Basilicata sul blitz dell'Antimafia
al Centro Oli di Viggiano
É evidente la mancanza di un sistema di controllo
pubblico e trasparente sulle attività petrolifere in Val d’Agri e sulla
gestione dei rifiuti speciali
Abbiamo appreso
dalla stampa della notizia del blitz dell’antimafia in Val d’Agri che ha, ancora
una volta, posto sotto i riflettori la gestione dei rifiuti speciali
provenienti dalle attività del COVA di Viggiano. Fiduciosi nell’operato della magistratura che
speriamo porti al più presto all’individuazione precisa delle eventuali
responsabilità, non possiamo esimerci dall’esprimere la nostra posizione al di
là della vicenda giudiziaria.
L'ipotesi di
traffico illecito di rifiuti connesso ad un settore “sensibile” come quello
dello smaltimento delle acque provenienti dalle lavorazioni petrolifere,
delinea uno scenario particolarmente
preoccupante per la salute dei cittadini e la salubrità dell’ambiente, gettando ancora una volta ombre
sull’operato dell’ENI in Val d’Agri, di Tecnoparco in Val Basento e di un
sistema pubblico ormai chiaramente incapace di svolgere un autorevole servizio
di monitoraggio ambientale. L’inchiesta in corso apre inoltre uno squarcio su
tutta la partita della gestione dei rifiuti speciali in Basilicata.
Già dal 2011
infatti con l’elaborazione del dossier
Rifiuti Speciali, l’associazione ha denunciato anomalie e stranezze nella gestione
dei rifiuti speciali in Basilicata, con un sistema che non appare “governato”
dall’interesse pubblico ma piuttosto dall’interesse delle imprese private. Un
settore nel quale si hanno difficoltà a reperire dati certi sui flussi, le quantità, le tipologie, gli impianti ed i
siti di destinazione: informazioni che sfuggono per incapacità o
collusione, a chi è chiamato ad autorizzare, vigilare e controllare. In un
contesto così nebuloso, si continuano inoltre ad importare in Basilicata
rifiuti speciali, per essere trattati e smaltiti impianti lucani. Sempre dal
nostro rapporto Rifiuti Speciali
emergeva inoltre che nel solo anno 2006, preso in considerazione, erano spariti
dalla contabilità ufficiale ben 140 mila tonnellate: che fine hanno fatto e perché sono spariti nel nulla? Questa
domanda meritava allora una risposta, nell’interesse di tutti i lucani.
Risposta che non è mai arrivata. Una risposta ancor più urgente alla luce
dell’inchiesta che oggi commentiamo.
Le fiammate
quotidiane, i valori delle emissioni costantemente in over, dati sul monitoraggio ambientale
cronicamente e volutamente carenti e confusi, rendono ormai inaccettabile
questa situazione in cui l’attività dell’ENI, sempre pronto a continue e poco
credibili rassicurazioni, continua ad essere avvolta da un alone di
mistero.
Il petrolio inquina e offusca non solo
l’ambiente, ma anche le menti e le coscienze di tanti: è ora di cambiare rotta,
per i cittadini di una Basilicata che chiede sempre con più forza trasparenza e
sostenibilità.
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5 dicembre 2015 2° comunicato stampa
Incidente al Centro Oli di Viggiano
Una coltre nera avvolge la valleLegambiente Basilicata: “Ci avete rotto i polmoni! Ridicole le rassicurazioni dell’ENI
Senza sicurezza bloccare la produzione”
Ci avete rotto i polmoni! E’ questo il commento di Legambiente Basilicata, riprendendo lo slogan della storica campagna Mal’aria, all’ennesimo incidente accaduto nella ultime settimane al COVA di Viggiano. Una coltre nera e un forte odore di zolfo avvolgono infatti da qualche giorno la Val d’Agri, causando a ragion veduta paura e sconcerto tra i cittadini.
Ridicole le solite rassicurazioni dell’ENI sull’episodio che dimostrano come la compagnia pensi ormai di trovarsi in un regime di totale extraterritorialità, mentendo continuamente nell’affermare che “va tutto bene” e operando senza alcun rispetto per la popolazione e il territorio che le dà ricchezza.
L’incidente dimostra ancora una volta quanto la filiera del petrolio (estrazioni, trattamento e trasporto) nonostante le promesse di ENI di impiego delle migliori tecnologie possibili, non può essere a rischio zero.
Lo stillicidio di incidenti, anomalie e malfunzionamenti che si susseguono da anni sono la prova che c’è più di qualcosa che non va nell’impianto e che non possiamo aspettare un incidente grave per porvi seriamente rimedio.
In questa situazione di costante minaccia alla salute dei cittadini e alla salubrità dell’ambiente, non ci può essere altro rimedio che un blocco immediato della produzione finché non saranno ristabilite le condizioni minime di sicurezza, accertate le cause dell’incidente e verificati gli effetti sulle matrici ambientali.
L’episodio conferma inoltre la necessità di disporre di un autonomo e credibile sistema di controllo e verifica delle attività ENI, che mostra ancora una volta tutti i suoi limiti e le sue carenze.
La Val d’Agri è ormai al bivio e la strada da percorrere non è più quella buia e nebulosa del fossile.