La prima grande inchiesta multimediale sul dissesto idrogeologico in Italia che fa luce su cause e dimensioni del fenomeno e propone soluzione concrete
Frane e alluvioni in Italia continuano ad aumentare, da poco più di 100 eventi l’anno tra il 2002 e il 2006 siamo gradualmente arrivati ai 351 del 2013 e ai 110 solo nei primi 20 giorni del 2014. Senza prevenzione e politiche efficaci di mitigazione del rischio idrogeologico questi numeri sono destinati a peggiorare. Ad essere in gioco non è solo la salute del nostro territorio ma la vita dei cittadini: negli ultimi 12 anni hanno perso la vita 328 persone. Sono solo alcuni dei dati raccolti in #DissestoItalia, la prima grande inchiesta multimediale sul dissesto idrogeologico presentata da Ance, Architetti, Geologi, Legambiente e realizzata dal gruppo di giornalisti indipendenti di Next New Media.
Il reportage attraverso i luoghi simbolo del dissesto, analisi, immagini, dati e testimonianze sono state raccolte in un webdoc consultabile su www.dissestoitalia.it
Ecomafie e formazione, Master in Analisi dei Fenomeni di Criminalità Organizzata
Progetto formativo innovativo. Ampio spazio alla progettazione e alla gestione di attività volte a promuovere lo sviluppo di imprese sociali all’interno dei beni confiscati alle mafie. 28 febbraio termine ultimo per l'iscrizione
Ecomafia
Sono aperte le iscrizioni per la II edizione del Master in Analisi dei Fenomeni di Criminalità Organizzata e Strategie di Riutilizzo Sociale dei Beni Confiscati, presso il Dipartimento di Scienze Poliiche dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II".
Il Master propone un progetto formativo innovativo basato su un approccio interdisciplinare coniugando i diversi contributi delle scienze sociali, dall’analisi storica, economica e sociologica, all’indagine politologica, giuridica e demografica, dedicando ampio spazio alla progettazione e alla gestione di attività volte a promuovere lo sviluppo di imprese sociali all’interno dei beni confiscati alle mafie. La domanda di partecipazione alla selezione dovrà essere presentata entro e non oltre il giorno 28 febbraio 2014 ore 12:00 presso l’Ufficio Scuole di Specializzazione e Master dell’Ateneo, secondo le modalità dettate dal relativo bando.
Sono previste borse di studio a parziale copertura dei costi di iscrizione per gli studenti più meritevoli.
I delitti ambientali nel Codice penale: una riforma di civiltà
Chiediamo da oltre vent'anni l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel Codice penale. L'assenza di sanzioni adeguate è di fatto una licenza a inquinare e saccheggiare l'ambiente i cui viviamo.
Ogni anno nel nostro Paese si consumano oltre 30mila reati contro l’ambiente: dalle discariche abusive alle cave illegali, dall’inquinamento dell’aria agli scarichi fuorilegge nei corsi d’acqua. Si tratta quasi sempre di reati che vengono sanzionati in maniera assolutamente inefficace e con tempi di prescrizione estremamente rapidi. Da oltre vent’anni Legambiente chiede l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel Codice penale, come previsto anche dalla lettera e dalla sostanza della direttiva comunitaria del 2008, formalmente recepita ma di fatto finora disattesa dal nostro Paese. L’assenza di sanzioni adeguate, proporzionate e dissuasive, come recita la stessa direttiva, rappresenta di fatto un incentivo ad inquinare e saccheggiare l’ambiente in cui viviamo.
Speriamo che questa legislatura sia quella giusta per dotare il nostro paese di una adeguata tutela penale dell’ambiente, necessaria premessa per affrontare in maniera più efficace le diverse forme di criminalità ambientale ed ecomafiosa, causa principale di disastri ambientali e sanitari che sfregiano l’Italia, da un capo all’altro dello stivale.
Fino a oggi è stata consentita la sistematica devastazione del territorio e degli ecosistemi, grazie a una legislazione penale ambientale sostanzialmente contravvenzionale, senza alcuna capacità deterrente e con la garanzia di immunità per i responsabili. Questo ha creato le condizioni favorevoli perché negli ultimi trent’anni si realizzasse in Campania, nella cosiddetta Terra dei fuochi, ciò che gli inquirenti non hanno esitato a definire una Chernobyl tutta italiana. Ma potremmo anche ricordare gli incalcolabili danni ambientali consumati a Taranto, a causa dei processi produttivi dall’Ilva, nella Valle del Sacco, nella Valle Bormida, a Porto Marghera, e in decine e decine di aree industriali lungo la penisola.
Il nostro Paese non è più in condizione di attendere.
Di questo abbiamo parlato nel corso del convegno che si è svolto a Roma il 12 dicembre 2013 APPROFONDIMENTI Terra dei fuochi, radiografia di un ecocidio