sabato 1 novembre 2014

In risposta al presidente Pittella #sbloccaitalia

SBLOCCA ITALIA AFFOSSA BASILICATA
PITTELLA FA IL POMPIERE E SOGNA LA SVOLTA EPOCALE PER LA BASILICATA CON UN PUGNO DI EURO IN MANO
MENTRE LE ALTRE REGIONI PROPONGONO IL RICORSO ALLA CORTE COSTITUZIONALE
IL NEW DEAL LUCANO IN SALSA PETROLIFERA
 
Non è tardata ad arrivare la risposta del presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella rispetto alle nostre considerazioni su Sblocca Italia e articolo 38.
Avremmo nettamente preferito che il governatore regionale, accogliendo il nostro invito ad essere presente all’incontro di lunedì 27 ottobre nell’ambito delle iniziative nazionali contro il disegno di legge promosso da Legambiente, WWF Italia e Greenpeace, avesse spiegato in quell’occasione non solo ai sindaci ma a tutta la società civile lucana, ambientalisti, senatori e onorevoli lucani di maggioranza e opposizione, che grazie allo Sblocca Italia la Basilicata “è alla vigilia di una scelta epocale e che la Basilicata può davvero cambiare proprio ripartendo dalla tutela della salute e dalla salvaguardia dell’ambiente”.
Proprio dall’incontro di lunedì era partita la richiesta alla politica regionale di dare risposte chiare e Pittella la sua franca risposta l’ha rivelata con questa lettera ai Sindaci, magnificando lo Sblocca Italia, contro cui tuonava solo pochi giorni fa e manifestando il suo favore a trasformare la Basilicata in un unico enorme ed indifferenziato campo di produzione petrolifera.
Anche l’effetto dell’art. 38 del decreto legge n. 133/2014 che sancisce l’esclusione degli enti locali da ogni processo decisionale in tema di estrazioni petrolifere e, soprattutto, comporta la marginalizzazione delle stesse Regioni - considerate alla stregua di tutte le amministrazioni che concorrono al processo decisionale, senza che vengano rispettate le loro competenze di cui al Titolo V della Costituzione e che oggi presuppongono la necessità di intese forti nel rispetto del principio di leale collaborazione richiamato dalla Carta - non preoccupa minimamente il presidente Pittella che auspica, invece, un aumento delle estrazioni per poter beneficiare della quota di Ires che si aggiungerà alle attuali royalties ma solo per ulteriori estrazioni rispetto a quelle già autorizzate.
E così proprio mentre in questi giorni tanti Sindaci lucani stanno chiedendo al presidente Pittella di difendere il territorio lucano dall’aggressione delle compagnie petrolifere, ricorrendo alla Corte Costituzionale – all’incontro ci è stato ricordato come il Consiglio Regionale di Basilicata si sia già espresso in tal senso - e la Regione Puglia dichiara ufficialmente il suo ricorso alla Corte, Pittella scrive ai Sindaci per “fornire alle nostre comunità la giusta informazione che, purtroppo, rischia di essere appannata da una strumentale polemica politica tendente, da un lato, a mettere in ombra gli importanti risultati sin qui conseguiti, accentuando, dall’altro, un presunto “catastrofismo” ambientale non giustificabile in un Paese di diritto”.
Aspettiamo presto il Presidente all’incontro pubblico che annuncia e siamo curiosi di vedere come spiegherà ai lucani quante nuove perforazioni ci saranno in Basilicata e come avverrà il totale depauperamento dei poteri delle Regioni a effettuare azioni di controllo in cambio della “possibilità di utilizzare parte delle risorse rivenienti dalle royalties petrolifere al di fuori dei limiti imposti dal patto di stabilità interno” insieme “alla trasformazione della card benzina in card sociale”.
Dopo tanti anni in cui siamo stati accontentati con un piatto di lenticchie ora finalmente le potremmo accompagnare con dei crostini di pane gentilmente offerti dalla ditta Renzi-Eni: è questa la vera svolta epocale per la Basilicata.
Svendiamo la Basilicata al peggior offerente senza alcuna reale garanzia di ripercussioni sul territorio in termini di ricchezza e sviluppo: 20 anni di storia petrolifera in Val D’Agri sono lì a dimostrarcelo.
Del resto quale tipo di sviluppo può mai nascere dalla decisione di accontentarsi della card sociale e di poter spendere i soldi delle royalties fuori dal patto di stabilità? Senza una strategia e senza obiettivi di lungo termine.
È quindi naturale che con questi pochi e fragilissimi argomenti fra le mani Pittella attacchi chi sta provando a fare una battaglia di democrazia, di civiltà e di progresso cercando di difendere un’intera regione dalla compromissione ambientale accusandolo di “catastrofismo ambientale”.
Legambiente e WWF però porteranno avanti le loro azioni contro lo Sblocca Italia con la consapevolezza di fare una battaglia condivisa dalla stragrande maggioranza dei lucani che saranno quelli che subiranno i maggiori impatti delle attività petrolifere che con l’approvazione dello Sblocca Italia avranno un facile, semplice e veloce iter autorizzativo, considerando che oltre la Val d'Agri la Basilicata è interessata, in terra ferma, da 18 istanze di nuovi permessi di ricerca, 11 permessi di ricerca e 20 concessioni di coltivazione di idrocarburi che potranno interessare una vasta parte del territorio regionale, a cui bisogna aggiungere le istanze nel mare Ionio. L'applicazione dell'art.38 insomma potrebbe, in base ad un presunto interesse nazionale, condannare la Basilicata a diventare un hub energetico destinato alla produzione di petrolio a danno di ogni altra ipotesi di sviluppo, con tutti i problemi ambientali che ne conseguirebbero.
Caro presidente Pittella forse non si è accorto che i lucani ormai rifiutano rassicuranti paternalismi, ma vogliono sempre più risposte credibili e concrete da chi li governa; vogliono cioè fattibili Programmi di sviluppo, chiaramente disegnati sul territorio (Piani), che ne valorizzino le risorse e non le abbandonino a più o meno sofisticati processi di sfruttamento, addolciti da qualche "bonus" gentilmente concesso.
Queste risposte purtroppo non ci sono, non emergono. La Regione Basilicata, "regione senza piani", è da molti, troppi anni muta ed inerte: nessun Piano Paesaggistico Regionale, cornice delle "tutele" che dovrebbero salvaguardarne le risorse paesaggistico-ambientali; nessun Quadro Strategico Regionale, cornice del disegno di sviluppo e sopravvivenza della Regione, come entità-identità geografica, istituzionale, sociale; un piano energetico regionale oramai vecchio e inadeguato alla realtà che si è andata delineando negli ultimi anni. In sintesi, nessuna "visione del futuro", che non sia la rincorsa alle emergenze, di tutti i tipi.
È su questo Presidente che la vorremmo fortemente impegnata per farci vedere nell’azione politica quotidiana la rivoluzione tanto declamata quanto poco praticata, trovando la forza di resistere al ricatto romano. Oppure come sospettavamo e raccontavamo da tempo non si aspettava altro che l’ordine dal Governo a cui, per senso di responsabilità, proprio non si può dire di no!
Dopo aver fatto di tutto per difendere l’ambiente e la salute dei nostri concittadini, naturalmente.

SCUOLA

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La consultazione lanciata dal Governo su "La buona scuola" dovrebbe essere partecipata il più possibile da tutti i livelli sociali ed istituzionali perché rappresenta una reale occasione di rilancio di un nuovo patto sociale che si riuscirà a stringere solo se la legge di stabilità non dimostrerà che di fatto, sulla scuola si torna a tagliare senza un metodo e a discapito della sua qualità. Per questo segnaliamo il documento elaborato da Legambiente Scuola e Formazione, l'associazione professionale di docenti ed educatori di Legambiente che ci auguriamo possa essere utile per aprire riflessioni e percorsi comuni. Lo abbiamo intitolato “La scuola cambia se...”perché siamo sicuri che per fare una buona scuola occorre prioritariamente ripristinare buone condizioni per costruire relazioni di senso e di qualità fra docenti, ragazzi, genitori, istituzioni e territorio. Scarica il documento

martedì 28 ottobre 2014

PETROLIO







Petrolio, iniziativa 27 ottobre Sala Inguscio

Comunicato stampa                                          Bari, Pescara e Potenza 27 ottobre 2014

Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia e Sblocca Italia

IL  PAESE REALE NON CI STA, VIA L’ART. 38 DELLO SBLOCCA ITALIA

“COSI’ SI SVENDE IL PAESE AI SIGNORI DEL PETROLIO”


Iniziative oggi a Pescara, Bari e Potenza coinvolte Regioni, Comuni e parlamentari locali

Il Decreto Sblocca Italia, seppur corretto su aspetti secondari alla Camera, dà  carta bianca agli appetiti dei petrolieri, di un’Italia trasformata in colonia per le trivelle. Ma Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia - dopo il voto di fiducia del 23 ottobre a Montecitorio e in attesa del voto finale del 30 -  rilanciano la loro iniziativa apprestandosi a chiedere al Senato l’abrogazione dell’art. 38 del decreto 133/2014, appellandosi alle Regioni perché lo impugnino davanti alla Corte Costituzionale e amplificando la mobilitazione esistente sul territorio,  che si oppone alla forzatura dirigistica per le valutazioni ambientali e per il rilascio di concessione uniche per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi voluta dalMinistero dello Sviluppo Economico. Al programma di iniziative promosse degli ambientalisti aderiscono sindaci, rappresentanti delle giunte e dei consigli regionali, parlamentari locali, rappresentanti delle Camere di Commercio che, dopo aver garantito la propria presenza  a bordo della Rainbow Warrior ai due incontri siciliani di Licata (il 12 ottobre) e di Siracusa (il 17), intervengono oggi lunedì 27 ottobre alle iniziative pubbliche convocate dagli ambientalisti nella Sala dei Marmi della Provincia a Pescara in Abruzzo (a partire dalle ore 10.00), nella sala del Consiglio regionale a Bari (a partire dalle ore 12.00), nella sala Inguscio della Regione Basilicata a Potenza (dalle 16.00). Hanno accolto l’invito a partecipare all’iniziativa lucana soltanto il presidente del consiglio regionale Piero Lacorazza, il senatore Petrocelli, l’onorevole Folino e il consigliere regionale Gianni Rosa.
In tutte le regioni interessate dalla mobilitazione di questi giorni (come anche nella Sardegna Nord Occidentale e nel Canale di Sicilia) sono l’ENI e le compagnie straniere - come la Northern Petroleum, la Petroceltic, la Global Petroleum, la Spectrum geo limited, la Geo Service Asia Pacific -  a farla da padrone a mare, mentre a terra il dominio del’ENI è incontrastato nel nostro Paese, grazie a royalties che sono in Italia da 2 a 8 volte più basse che nel resto del mondo e a canoni di concessione ridicoli. Condizioni di favore per i petrolieri che consentono di mettere a rischio in Puglia zone costiere protette comeTorre Guaceto o aree marine protette come le Tremiti; di porre sotto la servitù petrolifera su ¾ del territorio della Basilicata e di tenere in ostaggio il parco nazionale dell’Appennino lucano Val D’Agri,  e di minacciare l’istituendo parco nazionale della Costa Teatina, con lo scellerato progetto della piattaforma e nave di stoccaggio galleggiante di Ombrina Mare.
 E’ quindi la  Basilicata a subire i maggiori impatti delle attività petrolifere a terra, dove dalle 3 concessioni petrolifere attive (aGorgoglione, a Serra Pizzuta e in particolare, in Val d’Agri) proviene oltre il 70% del petrolio estratto in Italia. Le aree in concessione per l’estrazione di petrolio a terra occupano una superficie di circa mille chilometri quadrati, ma l’area ipotecata alle attività petrolifere potrebbe aumentare nei prossimi anni, se andassero in porto tutte le richieste, arrivando a coprire 2800 kmq circa. A preoccupare ci sono anche i 29.200 kmq dei mari italiani messi sotto scacco dalle compagnie petrolifere. Il Mar Adriatico ha 11.944 kmq interessati da 2 istanze di concessione, 17 istanze di ricerca e 7 permessi già rilasciati per l’esplorazione dei fondali marini. Il Mar Ionio vede 10.311 kmq per 16 richieste di ricerca, 1 di coltivazione e 1 permesso di ricerca già attivo. Il Canale di Sicilia ha infine 6.954 kmq interessati da 3 richieste di concessione, 10 istanze di ricerca e 5 permessi di ricerca già rilasciati.
Il calcolo costi-benefici dell’impatto economico, sociale e ambientale dell’operazione caldeggiata irresponsabilmente dal Ministero dello Sviluppo Economico è assolutamente perdente per il Paese, quando si pensi che l’inquinamento sistematico e il rischio di incidente mettono a rischio aree di pregio naturalistico e paesaggistico, dove si svolgono fiorenti attività economiche legate ai settori delle pesca e del turismo per cercare di estrarre petrolio di bassa qualità che potrebbe coprire, valutate le riserve certe a terra e a mare, il fabbisogno nazionale per appena 13 mesi.
Ed è proprio sul lato dei costi per la comunità nazionale che i conti continuano a non tornare, sottolineano gli ambientalisti, che comunque valutano come la mobilitazione di queste due settimane abbia  indotto la Commissione Ambiente della Camera dei deputati a introdurre prime, timide correzioni, a conferma della fondatezza delle tesi sostenute dagli ambientalisti. La Commissione ha corretto il testo dell’art. 38 del decreto Sblocca Italia presentato dal Governo riconoscendo, almeno: a) la necessità di fare un piano delle aree in cui consentire le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi; b) ricorrere alla procedura Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) ordinaria, derivante dal Codice Ambiente, più garantista per cittadini e enti locali, nel valutare progetti e interventi di quella derivante dal Codice Appalti; c) verificare, prima di rilasciare le autorizzazioni, che gli operatori dimostrino, con idonee fideiussioni bancarie e assicurative, la propria capacità tecnica e finanziaria   per far fronte alle operazioni di recupero ambientale
Ma queste prime limitate modifiche introdotte alla Camera non cambiano la portata negativa  delle disposizioni dell’attuale dell’art. 38 del decreto legge n. 133/2014 che il Senato dovrà correggere. Disposizioni che, ricordanoGreenpeace Italia, Legambiente e WWF: 1) consentono di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi, senza che vengano individuate le priorità e senza che venga chiarito se il “piano delle aree”, come previsto dalle leggi vigenti, si applichi la Valutazione Ambientale Strategica; 2) trasferiscono d’autorità nel marzo 2015 le procedure di VIA sulle attività a terra dalle Regioni al Ministero dell’Ambiente; 3) compiono una forzatura rispetto alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni, cui al vigente Titolo V della Costituzione, non prevedendo che sono necessarie “intese forti” con le Regioni; 4)  prevedono una concessione unica per ricerca e coltivazione, in contrasto con la distinzione comunitaria tra le autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi; 5) trasformano forzosamente gli studi del Ministero dell’Ambiente sul rischio subsidenza in Alto Adriatico, derivante dalle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, in “progetti sperimentali di coltivazione”; 6) costituiscono una distorsione rispetto alla tutela estesa dell’ambiente e della biodiversità, rispetto a quanto disposto dalla Direttiva Offshore 2013/30/UE e dalla nuova Direttiva 2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale.

lunedì 13 ottobre 2014

Concorso LEGAMBIENTE scuola

Accendiamo l'idea!

Concorso nazionale

Ecolamp
Accendiamo l'Idea! E' il concorso pensato da Legambiente e Ecolamp.
Il concorso ha l'intento di stimolare la creatività e l'ingeno degli studenti, dando loro l'opportunità di riflettere ed essere più consapevoli dell'importanza della raccolta e lo smaltimento corretto delle lampadine a risparmio energetico.
La partecipazione al concorso è riservata a tutte le scuole di ogni ordine e grado ed è gratuita.
Scarica il regolamento.

domenica 12 ottobre 2014

SBLOCCA ITALIA

 “Deroghe, eccezioni e commissariamenti. Così il decreto che avrebbe dovuto sbloccare il Paese aumenta caos e sprechi, allungando i tempi a scapito di trasparenza ed efficacia”
 Legambiente presenta #sbloccafuturo (www.legambiente.it/sblocca-futuro)
Le osservazioni e la mobilitazione dell’associazione contro il decreto Sblocca Italia
 Iniziative tra il 17 e il 30 ottobre in tutte le regioni interessate, anche in Basilicata

Avrebbe dovuto “sbloccare l’Italia”, incidendo strategicamente nel quotidiano dei cittadini e degli attori della pubblica amministrazione, mediante un effettivo snellimento delle procedure e una reale delegificazione. Nella realtà, invece, il decreto Sblocca Italia introduce solo innumerevoli deroghe ed eccezioni, la cui applicabilità dovrà essere volta per volta valutata con lunghe analisi, determinando un ennesimo stato di confusione e un allungamento dei tempi. Ricorre poi a piene mani allo strumento del commissariamento, dimenticando le passate disastrose esperienze di gestione commissariali in tema di gestione dei rifiuti, depurazione, fognature, bonifiche, rischio idrogeologico, che, oltre a non aver risolto le decennali emergenze, sono state esse stesse causa di sprechi, di blocco delle procedure, d’inchieste a scapito della trasparenza e della legalità.
Si tratta di un provvedimento che racchiude una visione vecchia, che non coglie le sfide del 21° secolo e sbaglia la scelta delle priorità senza individuare criteri di utilità effettiva per il territorio e i cittadini – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Il DL Sblocca Italia avrebbe potuto essere un vero “Sblocca Futuro”, se gli interventi normativi, le semplificazioni, gli standard di prestazione di efficienza avessero risposto a un chiaro disegno di trasformazione del paese nella direzione dello sviluppo di un’economia circolare e low carbon. Al contrario, Renzi insiste con l’idea di sviluppare le trivellazioni nel Mediterraneo e non solo. L’impianto del provvedimento è quello di ridimensionare, se non esautorare del tutto, gli enti locali, accentrando le decisioni sulle scelte più importanti, dai piani energetici, alle bonifiche, alle trivellazioni, escludendo ad esempio le Regioni dalle procedure di VIA. Un rischio grave che, nel complesso, le Regioni stanno sottovalutando. Sblocca Italia è quindi una grande occasione persa, alla quale però vogliamo rispondere con nuove e più efficaci proposte e mobilitazioni di piazza”.
Legambiente infatti, dopo il dossier “Sbloccafuturo” pubblicato a giugno, sull’Italia delle opere incompiute e i 101 cantieri fermi da anni che gravano pesantemente sull'economia e la vivibilità del Paese, lancia oggi l’omonima campagna che vedrà l’associazione impegnata in tante occasioni, spesso insieme ad altre associazioni ambientaliste e comitati, per contrastare il provvedimento partorito dal Premier Renzi.

I punti chiave sui quali intervenire da subito per Legambiente sono:
Mobilità. Aree urbane, mobilità sostenibile, trasporto ferroviario e intermodale. Sono queste le priorità di cui l'Italia avrebbe bisogno per aiutare le città a uscire dalla morsa di traffico e inquinamento, per dare una alternativa a milioni di pendolari, per togliere tir dalle strade e ridurre gli incidenti stradali. Lo Sblocca Italia propone una via completamente diversa: quasi il 50% delle risorse stanziate va a strade e autostrade e grandi opere; rinvia le gare per le concessioni autostradali, consente di continuare una gestione senza controlli, vantaggiosa solo per i privati; nessun investimento viene fatto nella manutenzione delle strade. Legambiente chiede di spostare su tram, metropolitane, trasporto ferroviario e collegamenti con i porti le priorità e di rivedere le regole per la gestione delle autostrade
 Riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. L'uscita dalla drammatica crisi del settore edilizio è possibile puntando su una riqualificazione energetica e antisismica diffusa, che permetterebbe alle famiglie di ridurre le bollette e migliorare la qualità della vita. È  questo tipo di interventi che andrebbe semplificato, reso più semplice e conveniente, attraverso una cornice di regole chiara per tutti gli interventi. Al contrario, Sblocca Italia sceglie la strada delle deroghe e della deregulation per alcuni interventi edilizi e per i cambi di destinazione d'uso, e addirittura la trattativa privata per gli interventi sul patrimonio edilizio scolastico.
 Inceneritori. Lo sblocca inceneritori è inutile oltre che dannoso. Il successo della raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio di questi anni ha sostenuto sempre di più la filiera industriale del recupero delle materie prime seconde, uno dei pilastri della nostra green economy, e ha notevolmente ridimensionato il bisogno del recupero energetico da combustione di rifiuti urbani non altrimenti riciclabili. Il quadro impiantistico sull’incenerimento in Italia è saturo. In questo scenario non ha più senso costruire nuovi impianti di incenerimento/gassificazione per rifiuti mentre è fondamentale procedere alla realizzazione di impianti di digestione anaerobica per l’organico da raccolta differenziata e per altri rifiuti biodegradabili compatibili (fanghi di depurazione, residui agroindustriali, etc.), ancora poco presenti soprattutto nelle regioni centro meridionali.
Bonifiche. Il decreto Sblocca Italia sulle bonifiche rischia di alimentare ulteriormente la confusione in un settore che fino ad oggi non ha raggiunto risultati soddisfacenti. Abbiamo 100mila ettari di territorio avvelenato da rifiuti industriali di ogni tipo; 49 siti di interesse nazionale da bonificare; bonifiche completate praticamente assenti; il ministero dell’ambiente che arranca nel gestire decine di conferenze dei servizi mentre i responsabili dell’inquinamento ne approfittano per spalmare su più anni gli investimenti sulle bonifiche; numerose inchieste della magistratura sulle false bonifiche e sui traffici illegali dei rifiuti derivanti dalle attività di risanamento. Le soluzioni al problema inserite in quest’ultimo decreto sono sbagliate e controproducenti grazie a nuove definizioni di siti nazionali da commissariare, prevedendo anche varianti in corso d’opera negli interventi di bonifica, con conseguente dilatazione dei costi delle opere pubbliche.
 Risorse idriche e rischio idrogeologico. L’articolo 7 affronta il tema del rischio idrogeologico. Ancora una volta però si è persa l’occasione di mettere in campo una strategia generale di governo del territorio e dei fiumi e un’efficace politica di adattamento ai cambiamenti climatici per la mitigazione del rischio da frane e alluvioni. Occorre invertire la tendenza degli ultimi anni, in cui si è speso circa 800 mila euro al giorno per riparare i danni e meno di un terzo di questa cifra per prevenirli, e far partire un programma nazionale di manutenzione e prevenzione uscendo dalla logica dei Commissari straordinari e garantendo la partecipazione dei territori per la costruzione di una concreta politica di mitigazione.
Petrolio. Il miraggio di un Texas nostrano convince il Governo Renzi a considerare strategiche tutte le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, diminuendo l’efficacia delle valutazioni ambientali, emarginando le Regioni e piegando le norme che avevano dichiarato dal 2002 off limits l’Alto Adriatico, per il rischio di subsidenza. WWF, Legambiente e Greenpeace chiedono ai membri della Commissione Ambiente della Camera dei deputati di decidere per l’abrogazione dell’art. 38 del decreto legge Sblocca Italia n. 133/2014. La Basilicata è interessata da 18 istanze di permessi di ricerca, 11 permessi di ricerca e 20 concessioni di coltivazione di idrocarburi per circa i 3/4 del territorio. Nel mare, le aree richieste o già interessate dalle attività di ricerca di petrolio si estendono per circa 29.209,6 kmq, 5000 kmq in più rispetto allo scorso anno. Attività che vanno a mettere a rischio il bacino del Mediterraneo dove si concentra più del 25% di tutto il traffico petrolifero marittimo mondiale con un inquinamento da idrocarburi che non ha paragoni al mondo.

La mobilitazione
Il petrolio sarà il tema centrale della conferenza che Greenpeace, Legambiente e WWF organizzeranno il 15 ottobre a Roma presso la sala stampa della Camera dei Deputati e alla quale parteciperà anche il Movimento No trivelle. Iniziative sul tema saranno rilanciate tra il 17 e il 30 ottobre anche nei territori a rischio trivelle come Siracusa, Potenza, Pescara e Bari.
Non mancheranno sit-in in tutta Italia a partire dall’appuntamento romano del 15 e 16 ottobre, a Piazza Montecitorio per due giorni di presidio con comitati e cittadini per ricordare che le vere risorse strategiche dell’Italia sono il nostro sistema agro-ambientale, il turismo, le rinnovabili diffuse, le filiere del riciclo e del riutilizzo. Al momento hanno aderito al presidio oltre 50 sigle locali e nazionali come No trivelle, Forum Acqua e Forum Salviamo il Paesaggio.

L’ufficio stampa: 06.86268376 – 53
 La mappa delle opere incompiute e i 101 cantieri fermi da anni

domenica 5 ottobre 2014

Concorso "Prevenzione Rifiuti"

Prevenzione rifiuti, aperte le iscrizioni per partecipare al Premio nazionale

Un premio per individuare e diffondere le buone pratiche nazionali per la prevenzione dei rifiuti. Scadenza il 20 ottobre
Il Premio nazionale per la prevenzione dei rifiuti, promosso per il secondo anno consecutivo da Legambiente e Federambiente, nasce con l'obiettivo di individuare, promuovere e diffondere le buone pratiche nazionali per la prevenzione dei rifiuti.
La prima regola per una gestione sostenibile dei rifiuti, come prevedono le norme comunitarie e nazionali, è ridurne la produzione. La sfida è riuscire a coniugare la crescita produttiva con un minor consumo di materia ed energia. Il Premio intende valorizzare le esperienze più rilevanti e innovative che già accompagnano la produzione, distribuzione e consumo dei beni perchè possano diventare una regola e stimolare un’ampia riflessione sul tema che accompagni il percorso d’implementazione del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti approvato lo scorso anno.
Il concorso è rivolto ad amministrazioni ed enti pubblici e privati, imprese, istituti scolastici e operatori del terzo settore (associazioni, cooperative, Onlus) che abbiano realizzato sul territorio nazionale iniziative di prevenzione dei rifiuti attualmente ancora in corso, o concluse non prima del 1° gennaio 2014.
La partecipazione al premio è gratuita.
Per presentare le candidature c’è tempo fino al 20 ottobre 2014.
scheda di partecipazione [clicca qui]

La segreteria organizzativa (tecnico@federambiente.it, tel. 0695944111) è a disposizione per ulteriori informazioni.