venerdì 10 luglio 2015

Nè in MARE e nè in TERRA


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Potenza, 9 Luglio 2015                                                                                             Comunicato stampa

 

No al petrolio in mare ma anche in terra ferma

Il “caso Ionio” venga esteso a tutta la Basilicata

Legambiente: “il petrolio inquina e offusca la mente dei nostri governanti”

 

No al petrolio in mare ma anche in terra ferma. Il governatore Pittella dovrebbe estendere il suo ragionamento all’intera regione. Se il mare rappresenta la storia della Basilicata, figuriamoci la montagna e la sua ruralità. Il nostro governo regionale oltre ad essere miope, vede con un occhio solo”. E’ questo il commento della Legambiente Basilicata all’ultimo intervento del presidente Marcello Pittella rispetto alla partecipazione alla manifestazione indetta per il 15 luglio a Policoro promossa dal sindaco della città insieme ai Governatori di Puglia e Calabria contro le trivellazioni nello Ionio. “Bene l’impegno della Regione contro le trivelle nello Ionio – continua l’associazione - ma tutto il territorio regionale merita la stessa attenzione e tutela, segnali che non sono ancora mai arrivati. Se il petrolio viene ritenuto non strategico e impattante a mare perché dovrebbe esserlo a terra?”

L’associazione non può che plaudire all’iniziativa e ribadire il suo forte no alle estrazioni petrolifere ma non può esimersi dal mettere in evidenza le contraddizioni di una simile netta posizione del governatore lucano.

Ricordiamo al presidente Pittella solo alcuni semplici dati. Al 31 marzo 2015 in Basilicata sono presenti 10 permessi di ricerca per un totale di 1.357,61 chilometri quadrati e 26 Comuni interessati. Le istanze di permesso di ricerca sono invece 18. In totale sono 93 i Comuni della Basilicata interessati, tra permessi di ricerca e istanze di permesso interessando un territorio complessivo di 2.685,81 chilometri quadratiDi questi, ben 33 ricadono in Area Parco e 7 nel territorio dell’istituendo Parco Regionale del Vulture.

Dati, questi, che dimostrano ancora una volta la stolta sudditanza della nostra regione al Dio petrolio e che non fanno intravedere alcun tipo di sviluppo alternativo per la Basilicata. Nemmeno a fronte di plateali forme di solidarietà a sindaci in sciopero della fame e di partecipazioni a manifestazioni di piazza. Né è sufficiente dichiarare che “la scelta di impugnare o meno, mesi fa, lo Sblocca Italia, per nulla avrebbe inciso sulla decisione del Ministero dell'Ambiente di dare il via libera alla valutazione di impatto ambientale al permesso di ricerca nel mare Ionio”. Lo sblocca Italia consente di fare a terra quello che fino ad ora valeva per il mare, ovvero togliere ruolo e potere vincolante agli enti locali, per questo sarebbe stato utile che lo impugnasse. Allo stesso modo è alquanto discutibile la posizione “contro altre estrazioni in aree sensibili della nostra regione che non rientrano negli accordi del 1998 e del 2006”. Come dire: tuteliamo il territorio ma senza venir meno agli accordi con i petrolieri!

Le trivellazioni nelle Ionio vanno impedite, e su questo non ci piove. Oltre 122mila chilometri quadrati, corrispondenti all’estensione di tutta Inghilterra, potranno essere sottoposte ad attività di prospezione e ricerca attraverso indagini sismiche (airgun) grazie agli 11 recenti decreti per il nulla osta ambientale che riguardano tredici aree marine tra Adriatico, Ionio e Canale di Sicilia, portando così a 52 le istanze di permesso di ricerca e le istanze di prospezione presentate dalle diverse compagnie petrolifere nei nostri mari con accertati danni all’ambiente e alle attività di pesca.

Ma gli stessi danni economici e ambientali si sono abbattuti da decenni sulla nostra regione a causa della folle corsa all’oro nero. Non ci sono dati sull’occupazione che tengano. E’ inaccettabile immaginare ulteriori compromessi che mettano a rischio le preziose risorse idriche, naturali, economiche e storiche che il nostro territorio racchiude. Un patrimonio culturale, di biodiversità, produzioni tipiche e offerta turistica che va senza ombra di dubbio dalla costa ionica alle Dolomiti Lucane, ai paesaggi della Val d’Agri, ai nostri piccoli borghi. Sono in discussione il futuro di intere aree territoriali della Basilicata e lo stesso concetto di sviluppo che non può continuare ad essere imperniato sullo sfruttamento delle risorse petrolifere e del territorio ma sulla tutela dell’ambiente come elemento assolutamente imprescindibile.

Il petrolio inquina non solo l’ambiente ma anche la mente di un’intera classe dirigente regionale che, impegnata solamente a difendere i propri interessi e abituata ad utilizzare la spesa pubblica solo ed esclusivamente per ottenere consenso elettorale, si è completamente “seduta” sul petrolio utilizzando il bancomat delle compagnie petrolifere alla bisogna: prima l’Università e la sanità regionale, il bonus carburante o la social card e ora il dissesto della città di Potenza. 

Il petrolio era ed è una risorsa finita, in mare come in terra ferma. Invitiamo il nostro governatore ancora una volta a cambiare rotta: per i nostri mari, per la nostra terra.


COMUNICATO  STAMPA    goletta verde
Policoro


Legambiente: L’assalto delle compagnie petrolifere nel mar Ionio

Diciotto procedimenti attivi per un totale di circa 14mila chilometri quadrati da Taranto a Crotone: tutti i numeri nel dossier di Legambiente
“Biodiversità marina, pesca sostenibile e turismo le vere ricchezze di questo territorio. Alla Regione Calabria chiediamo di farsi portavoce di una grande battaglia contro il Governo per fermare l’assurdo assalto all’oro nero nello Ionio”

Appuntamento oggi alle ore 18 a Schiavonea di Corigliano per l’incontro “Un mare di... qualità” in occasione dell’arrivo della Goletta Verde

Fermiamo le trivelle, salviamo i cetacei: la petizione #StopOilAirgun (www.change.org/stopoilairgun) già a quota 30mila firme

Domani Legambiente partecipa all’iniziativa contro le trivelle a Policoro (Mt) per ribadire lo stop alle ricerca e all’estrazione di petrolio non solo in mare ma anche in terra ferma

Diciotto procedimenti attivi per un totale di circa 14mila chilometri quadrati da Taranto a Crotone:  una superficie grande quanto l’intera Campania è sotto scacco delle compagnie petrolifere. Sono questi i numeri della folle corsa all’oro nero che non risparmia le coste ioniche, così gli altri mari italiani. Un vero e proprio assalto delle compagnie petrolifere frutto di una scellerata scelta in campo energetico del Governo che sta letteralmente svendendo i nostri mari. Per questo Legambiente, insieme a una vasta coalizione internazionale dei Paesi che si affacciano sull’Adriatico e lo Ionio, ha lanciato con la partenza della Goletta Verde da Rovigno (Croazia), l’iniziativa #StopSeaDrilling per chiedere al Governo di bloccare le nuove trivellazioni e alle regioni e alle comunità locali di fare fronte comune contro questa miope scelta energetica. Un’azione specifica riguarda anche la pericolosa tecnica dell’airgun utilizzata per la ricerca di petrolio e gas, che ha effetti devastanti sull’ambiente marino e sulle attività di pesca. L’appello #StopOilAirgun di Legambiente (www.change.org/stopoilairgun) sta per raggiungere le 30mila firme in una settimana.
Argomenti che saranno discussi oggi con l’arrivo di Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente a tutela dei mari e delle coste, a Corigliano Calabro nel corso dell’incontro “Un mare di... qualità”, la bellezza della piccola pesca tradizionale, in programma alle ore 18 a Schiavonea di Corigliano - lido Barracuda. Saranno presenti: Francesco Falcone, presidente Legambiente Calabria; Mattia Lolli, responsabile Goletta Verde;  il presidente del Consiglio Comunale di Corigliano Pasquale Magno e l’assessore all’Ambiente Maria Serafina Chiurco; Antonio Nicoletti, responsabile Aree Protette Legambiente; Salvatore Martillotti, Cooperativa Pescatori; Vincenzo Farina, presidente Confesercenti Calabria FIBA; Giovanni Papasso, sindaco di Cassano allo Ionio; Salvatore Ciminelli, sindaco di Amendolara; Rosanna Mazzia, sindaco di Roseto Capo Spulico; Paolo Montalti, sindaco di Villapiana, Domenico Bevacqua, consigliere regionale; Giuseppe Graziano, consigliere regionale. Sono stati invitati i sindaci dello Ionio di Rossano, Cariati, Crosia, Calopezzati, Pietrapaola, Calopezzati, Mandatoriccio, Trebisacce, le associazioni e i comitati impegnati nella difesa del territorio.
“La fretta di sbloccare i procedimenti delle compagnie petrolifere non va di pari passo con la  necessità di tutelare e salvaguardare gli ambienti marini e le attività che in essi si sviluppano – dichiara Franco Falcone, presidente di Legambiente Calabria - La vera ricchezza di questi territori sono, invece, l'enorme biodiversità marina, lo sviluppo dell’economia legata ad una pesca sostenibile e la promozione di una nuova idea di turismo legato al mare che faccia della sostenibilità ambientale il suo punto di forza. Contro i recenti pareri favorevoli rilasciati dal Governo sono già scesi in campo anche i presidenti delle Regioni Calabria, Basilicata, e Puglia che hanno recepito la crescente preoccupazione dei territori. Alla Regione Calabria, quindi, chiediamo di proseguire su questa strada e provare a bloccare il folle attacco alle nostre risorse che arriva dalle compagnie petrolifere”.
Sono infatti ormai noti gli impatti sull’ecosistema marino derivanti dalle attività di ricerca e prospezione: su tutti la tecnica dell’airgun, riconosciuta a livello internazionale come profondamente impattante, che può provocare danni ed alterazioni comportamentali, talvolta letali, in specie marine assai diverse, in particolare per i cetacei, fino a chilometri di distanza. Le conseguenze non si fermano solo sull’alterazione del delicato ecosistema marino, ma si estendono inevitabilmente anche alle attività di pesca e turismo che caratterizzano anche i territori e l’economia della Calabria. In uno studio del Norvegian Institute of Marine Research si è visto come la riduzione del pescato intorno ad una sorgente sonora che utilizza airgun possa arrivare anche al 50% mentre il settore turistico, un patrimonio importantissimo per l’economia di quest’area, rischia di subire un notevole impatto negativo dal moltiplicarsi delle attività petrolifere.
“Con la petizione #StopOilAirgun chiediamo al Governo di vietare la tecnica dell'airgun per fini petroliferi utilizzando tutti gli strumenti a disposizione – afferma Mattia Lolli, responsabile di Goletta Verde -. Una tecnica che non porta vantaggi alla collettività in termini economici, di conoscenza scientifica e ambientali, ma che è a favore esclusivamente delle compagnie. Per ribadire il nostro no al petrolio domani saremo a Policoro (Mt), insieme ai regionali e ai circoli ionici di Legambiente, alla manifestazione contro le trivelle nello Ionio, con due richieste. La prima è quella di fermare la corsa all’oro nero nel mare italiano e nello Ionio, attraverso un forte impegno delle Regioni e dei Comuni nel mettere in campo atti concreti ed efficaci contro i titoli rilasciati e in fase di rilascio. La seconda è un appello al Governatore della Basilicata Pittella, di dire no al petrolio non solo in mare ma anche in terra ferma, dove fino ad oggi non sono arrivati segnali da parte della Regione. Se il petrolio viene ritenuto non strategico e impattante a mare perché dovrebbe esserlo a terra?”
Se nel Mar Jonio fino al 2011 erano vietate attività di ricerca di petrolio attualmente, grazie ad un emendamento al testo di recepimento della direttiva europea sui reati ambientali, si è di fatto riaperto anche questo tratto di marre alle attività estrattive. Sono 18 ad oggi i procedimenti a diversi step dell’iter amministrativo – erano 19 fino al 12 giugno scorso quando si è conclusa la Valutazione di Impatto Ambientale dell’istanza di Enel Longanesi denominata d79 FR-EN e ubicata a largo delle coste di Gallipoli per una estensione di 748 kmq - per il rilascio di concessioni per la coltivazione di idrocarburi per un totale di circa 14mila chilometri quadrati. Si tratta di una istanza di permesso di prospezione (il primo passo per poter investigare i fondali marini e rilevare eventuali giacimenti di idrocarburi in essi presenti) di 4.025 kmq di proprietà della Schlumberger Italiana nell’area vasta compresa tra Gallipoli e Crotone. Sono invece 15 le istanze di permesso di ricerca presentate, di cui otto in fase decisoria e 7 in corso di valutazione ambientale, per un’area di circa 10mila kmq che riguarda le coste Calabresi, Pugliesi e della Basilicata. Un permesso di ricerca è stato, inoltre, rilasciato alla Appennine Energy nel tratto di costa jonica di fonte alla costa di Sibari per una estensione di 63,13 kmq - all’interno del quale è stata presentata un’istanza di autorizzazione per un pozzo esplorativo denominato “LIUBA1 OR”, come si evince dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico - mentre una istanza di concessione di coltivazione presentata dall’ENI è in corso di valutazione ambientale e riguarda il tratto di costa tra Sibari e Rossano per circa 76,7 kmq.
“La costa ionica calabrese presenta ancora un’elevata ricchezza ecologica, nonostante le aggressioni messe in atto nel corso di decenni da politiche che non sono state in grado di tutelare l’ambiente costiero – afferma Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente -. Anche dal un punto di vista ittico, l’area ionica ha un patrimonio copioso e vario. Partendo da questi presupposti hanno preso forma numerosi Gruppi di Azione Costiera (GAC), nati con l’obiettivo di favorire e migliorare lo sviluppo locale, in maniera sostenibile, rendendo maggiormente competitiva la "zona di pesca", valorizzando non solo le risorse ittiche ma anche quelle turistiche, agro alimentari, artigianali e naturalistiche del territorio. Tutto questo petrolio permettendo. Senza dimenticare che il Mar Ionio rappresenta un importante bacino costiero come habitat preferenziale e/o punto di transito per numerose specie di cetacei che fa dello Ionio un’area particolarmente delicata e sensibile alle modificazioni ambientali indotte da cause antropiche o comunque esterne”.
Oltre ad essere una meta turistica molto gettonata, con siti di interesse storico e artistici, l’area ionica calabrese è ad esempio il sito di nidificazione delle tartarughe marine Caretta caretta tra i più importanti (oltre alla Grecia e Cipro) del bacino del Mediterraneo. Sono, inoltre, presenti aree di rilevante pregio naturalistico e per questa ragione riconosciute come aree protette o siti della rete Natura 2000 (SIC e Zps), la rete europea per la tutela della natura e la biodiversità individuata ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE) come l’Area marina di Capo Rizzuto, le Riserve naturali della Foce del Fiume Crati, la Riserva naturale orientata della Foce del Fiume Neto.