domenica 28 settembre 2014

PETROLIO

Trivellazioni e decreto Sblocca Italia
 Il governo Renzi lancia la conquista del west: tutto diventa strategico, regioni  imbavagliate, i nostri mari a rischio
Il miraggio di un Texas nostrano, retaggio del secolo scorso, più che l’incubo attuale dell’inquinamento da petrolio dopo l’incidente alla piattaforma Deepwater Horizon del Golfo del Messico del 2010, convince il Governo Renzi a considerare “strategiche” (senza alcuna distinzione) tutte le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi: diminuendo l’efficacia delle valutazioni ambientali, emarginando le Regioni e forzando sulle norme che avevano dichiarato dal 2002 off limits l’Alto Adriatico, per il rischio di subsidenza. La denuncia parte da WWF, Legambiente e Greenpeace che chiedono ai membri della Commissione Ambiente della Camera dei deputati di decidere per l’abrogazione dell’art. 38 del decreto legge Sblocca Italia n. 133/2014.
Gli ambientalisti osservano che, nonostante le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Matteo Renzi al Summit ONU sul cambiamento climatico del 23 settembre sulla necessità di impegni precisi per tenere sotto controllo la febbre del Pianeta, l’Italia stenta a definire una roadmap per la decarbonizzazione. Punto di riferimento delle politiche governative è ancora la SEN - Strategia Energetica Nazionale - mai sottoposta a Valutazione Ambientale Strategica, nella quale viene presentata una stima di 15 miliardi di euro di investimento (un punto di PIL!) e di 25 mila nuovi posti di lavoro legati al rilancio delle estrazioni degli idrocarburi in Italia. Sono gli stessi dati che vengono ancora oggi usati dal Governo Renzi.
Ma è da tempo noto che il nostro petrolio è poco e di scarsa qualità. Secondo le valutazioni dello stesso ministero dello Sviluppo economico ci sarebbero nei nostri fondali marini circa 10 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe, che stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per sole 8 settimane. Non solo: anche attingendo al petrolio presente nel sottosuolo, concentrato soprattutto in Basilicata, il totale delle riserve certe nel nostro Paese verrebbe consumato in appena 13 mesi.
Gli ambientalisti sottolineano come l’accelerazione indiscriminata impressa dal Governo metta a rischio la Basilicata che è interessata in terra ferma da 18 istanze di permessi di ricerca, 11 permessi di ricerca e 20 concessioni di coltivazione di idrocarburi per circa i 3/4 del territorio. E non è esonerato dalla corsa all’oro nero neanche il mare italiano. In totale oggi le aree richieste o già interessate dalle attività di ricerca di petrolio si estendono per circa 29.209,6 kmq di aree marine, 5000 kmq in più rispetto allo scorso anno. Attività che vanno a mettere a rischio il bacino del Mediterraneo dove si concentra più del 25% di tutto il traffico petrolifero marittimo mondiale provocando un inquinamento da idrocarburi che non ha paragoni al mondo.
Ci sono 7 buoni motivi per chiedere l’abrogazione dell’art. 38 del decreto legge 133/2014, perché le disposizioni in esso contenute:
1) consentono di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi senza individuare alcuna priorità; 2) trasferiscono d’autorità le VIA sulle attività a terra dalle Regioni al Ministero dell’Ambiente; 3) compiono una forzatura rispetto alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni cui al vigente Titolo V della Costituzione; 4)  prevedono una concessione unica per ricerca e coltivazione in contrasto con la distinzione tra le autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi del diritto comunitario; 5) applicano impropriamente e erroneamente la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Ambientale;  6) trasformano forzosamente gli studi del Ministero dell’Ambiente sul rischio subsidenza in Alto Adriatico legato alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in “progetti sperimentali di coltivazione”; 7) costituiscono una distorsione rispetto alla tutela estesa dell’ambiente e della biodiversità rispetto a quanto disposto dalla Direttiva Offshore 2013/13/UE e dalla nuova Direttiva 2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale.

mercoledì 17 settembre 2014

Continua lo scempio nella pineta di Policoro

Tagli di alberi di pino ad alto fusto in piena vegetazione.
Tagli alla macchia mediterranea: lentisco, mirto, ginepro, tamarix,..........

























ABBIAMO INVIATO LE FOTO ai Presidenti di Regione e di Provincia e al Sindaco di Policoro

lunedì 15 settembre 2014

Legambiente SCUOLA

Insieme per fare la scuola più bella

Le proposte, iniziative e percorsi didattici di educazione ambientale per la scuola per l’anno scolastico 2014 – 2015
Parlare agli studenti di mobilità sostenibile, di orti urbani e alimentazione, di efficienza energetica, di rifiuti e seconda vita dei materiali, per stimolare l’adozione di stili di vita sostenibili. È questo l’obiettivo delle attività di educazione ambientale che Legambiente mette in campo per la scuolaanche nel prossimo anno scolastico.

Sono 30mila le classi che partecipano ogni anno alle nostre campagne e alle iniziative proposte dai nostri circoli territoriali. Ad esse, Legambiente offre diverse possibilità: partecipazione alle iniziative associative, attività in presenza nei Centri di Educazione Ambientali sparsi su tutto il territorio, tutorato a distanza, materiali didattici dedicati e percorsi tematici su rifiuti, mobilità, energia e alimentazione.

Tutte le informazioni sul sito di Legambiente Scuola e Formazione

giovedì 11 settembre 2014

RENZI e IL PETROLIO


Estrazione idrocarburi? Strategia insensata!
Continuare a rilanciare l’estrazione di idrocarburi è solo il risultato di una strategia insensata che non garantisce nessun futuro energetico per il nostro Paese.
Renzi riesce a rompere gli schemi del passato o sui temi dell’energia non riesce a rottamare?
“Il Premier non pensi ai voti, tanti o pochi, che potrebbe perdere in Basilicata ma tratti con rispetto quei tanti suoi connazionali che da anni subiscono solo i disagi di una pesante attività industriale che notoriamente è un’attività a forte intensità di capitali ed a basso impatto occupazionale”.
E’ commento di Legambiente Basilicata sulle ultime dichiarazioni del Presidente del consiglio dei ministri Matteo Renzi in tema di estrazioni petrolifere in Basilicata. L’associazione continua a rimanere contraria a nuove ipotesi di estrazioni di idrocarburi anche di fronte a promesse mirabolanti su aumenti delle royalties e nuovi miracoli economici per la Basilicata perchè il nostro no al petrolio non è solo una fissa, come sostiene il presidente Renzi, ma la condizione necessaria per avviare anche nel nostro Paese una rivoluzione energetica, garantendo uno sviluppo futuro, anche sul piano economico, sicuramente molto più sostenibile e duraturo. Renzi faccia partire una grande operazione verità e ci spieghi come mai di fronte a questa nostra “grande fortuna” petrolifera/economica i dati macro e microeconomici, in tutta la regione ed in particolare in Val d’Agri, e tutti gli indicatori demografici ci restituiscono una fotografia di una Basilicata che non ha tratto alcun benefico economico e sociale dall’avventura petrolifera.
È notizia di oggi che il bollettino dell’organizzazione meteorologica mondiale (Agenzia dell’Onu) fornisce gli ultimi dati sull’emergenza climatica misurando una concentrazione di C02 di quasi 400 parti per milione, a dimostrazione che la crisi climatica subisce una brusca accelerazione, cui l’Europa e dunque anche l’Italia dovrà porre rimedio in tempi brevi, intensificando l’utilizzo delle energie rinnovabili e migliorando sensibilmente l’efficienza energetica.
In Italia però, in maniera assurda ed anacronistica, si risponde con il tentativo di incrementare le estrazioni di idrocarburi per rispondere solo agli interessi delle lobby petrolifere.
Il Premier Renzi continua invece ad insistere e a fare immaginare un futuro radioso e petrolifero per la Basilicata, calpestando la costituzione, ed anticipando in maniera fraudolenta gli effetti della modifica del titolo V° della Costituzione, utilizzando lo Sblocca Italia come cavallo di Troia. Continuare a rilanciare l’estrazione di idrocarburi è solo il risultato di una strategia insensata che non garantisce nessun futuro energetico per il nostro Paese. Investire oggi in efficienza energetica e fonti rinnovabili porterebbe nei prossimi anni i nuovi occupati a 250 mila unità, molto ma molto di più, dei nuovi addetti diretti ed indiretti dell’industria petrolifera italiana.
Altro che petrolio, se veramente vuole rompere con il passato e giocare un ruolo strategico nel dibattito energetico internazionale, deve portare ben altri dati e ben altri progetti nel dibattito pubblico. Sui tavoli europei se vuole fare colpo parli di rinnovabili ed efficienza energetica e non si affanni a spiegare che in Italia riusciremo con una operazione magica a produrre in più lo 0,5 % del petrolio consumato nella UE in un anno.

martedì 9 settembre 2014

Cosa sta succedendo nella pineta di Policoro?

Dalle foto sono visibili tagli ad alto fusto e tagli alla macchia mediterranea.
Abbiamo già segnalato a chi è di competenza questo scempio.
Non sembra proprio un diradamento selettivo!
Sono tagli a piante giovani e non secche!























giovedì 4 settembre 2014

PETROLIO



Renzi: assurdo rinunciare al petrolio della Basilicata
La risposta di Legambiente Basilicata: “Serve un disegno lungimirante e innovativo, capace di costruire intorno al risparmio di materia ed energia, intorno alla rigenerazione urbana, alla riduzione della dipendenza dal fossile, un’economia low carbon che porti l’Italia fuori dalla recessione. Il no al petrolio non è solo una fissa degli ambientalisti ma la condizione necessaria per avviare anche nel nostro Paese una vera rivoluzione energetica”
Ci pare proprio assurdo e anacronistico e rispondente solo agli interessi delle lobby petrolifere insistere con le estrazioni di idrocarburi in Italia, che poi vuol dire in Basilicata, visto che è qui che si concentra la quasi totalità delle produzioni di greggio nostrane.
Il Premier Renzi continua invece ad insistere e a fare immaginare un futuro radioso e petrolifero per la nostra terra. Arriva tardi per la favola della sera. Ci avevano già pensato in tanti venti anni fa, da destra e da sinistra, ad affannarsi a spiegarci come l’opzione petrolifera era l’ultima opportunità di crescita e di sviluppo per la Basilicata. La storia  - come ampiamente prevedibile e previsto - è andata in un'altra direzione, con i dati macro e microeconomici  e tutti gli indicatori demografici che  in Basilicata ed in particolare in Val d'Agrici restituiscono una fotografia di una regione che non ha tratto alcun beneficio economico e sociale dall’avventura petrolifera.
Siamo contrari e rimaniamo contrari a nuove ipotesi di estrazioni di idrocarburi anche di fronte a promesse mirabolanti su aumenti delle royalties e nuovi miracoli economici per la Basilicata. Siamo alle prese tutti i giorni con i problemi che crea questa pesante attività industriale che non vogliamo nemmeno immaginare i guasti che potrebbe provocare l’incremento dell’attività.
Il no al petrolio non è solo una fissa degli ambientalisticome sostiene il presidente Renzi, ma la condizione necessaria per avviare anche nel nostro Paese una rivoluzione energeticagarantendo uno sviluppo futuro, anche sul piano economico, sicuramente molto più sostenibile e duraturo. Già un mese fa intervenendo sul tema il presidente Renzi ci voleva convincere che il raddoppio della produzione di petrolio in Basilicata avrebbe dato lavoro a 40 mila persone.
Peccato che l’Eni nel suo “local report 2013” annuncia - secondo noi sempre in maniera un po’ “ottimistica” - 348 occupati diretti nel distretto meridionale e 2.533 occupati indiretti. Se fosse vero, ma non lo è, che il raddoppio della produzione porterà un raddoppio degli occupati ecco che al più avremo poco più di 2.500 nuovi occupati.
Se i conti si fanno così i problemi del lavoro in Italia il governo li risolverà in qualche settimana. Continuare a rilanciare l’estrazione di idrocarburi è solo il risultato di una strategia insensata che non garantisce nessun futuro energetico per il nostro Paese.